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venerdì 6 aprile 2012

IL 6 APRILE DI CENTO ANNI FA MORIVA GIOVANNI PASCOLI

IL POETA DI UN NOVECENTO OMERICO
di Marilena Cavallo*
Giovanni Pascoli moriva il 6 aprile di cento anni fa. Discutere sulla sua poesia e sulla sua poetica è un attraversare il fascino del viaggio greco, latino e mediterraneo. Non solo una metafora ma un viaggiare tra i versi e i luoghi del mito.
Il mare di Calipso è il “varco” attraverso il quale il lettore può entrare nel mondo pascoliano, avendo in controluce i versi omerici del “cantore di Chio”, percepiti con animo nuovo dalla vibrante sensibilità decadente di Pascoli. Il poeta dei Poemi Conviviali insegue Ulisse nel suo mare e va oltre! Il saggio interroga i versi dell’ “ultimo viaggio”e segue il peregrinare pascoliano tra mistero e rivelazione.
Abbiamo cercato di penetrare, in un mio saggio scritto insieme a Pierfranco Bruni, un Pascoli di una straordinario attrazione mitico – simbolica. La lezione che si sottolinea in questo nostro saggio dal titolo: “Nel mare di Calipso. La dissolvenza omerica e l’alchimia mediterranea in Giovanni Pascoli” (Pellegrini), è quella omerica, la meta è nuova, la sua Itaca è il Novecento, lo strumento per attraversarlo è il mito e Pascoli, esiliato nel dolore di un “nido frantumato” dal dolora e “ricomposto” dall’amore fraterno e dalla memoria salpa verso l’alchimia del suo Mediterraneo. Lasciato il nido, il nuovo scenario è il mare greco, che gli studi classici gli hanno fatto amare come un caleidoscopio da cui attingere ispirazione.
La via critica scelta è quella di scandagliare l’estetica del poeta nella sensibilità classica dei  Poemi Conviviali che trasudano il fascino dell’epos ed echeggiando l’anelito nuovo dell’uomo-Pascoli nell’atto di attraversare il suo destino nell’ultimo viaggio.
Nella dissolvenza omerica emergono la modernità del Pascoli - poeta della solitudine - il suo Ulisse muore solo, ma non abbandonato - e il suo “consacrarsi” cantore di una verità “dissacrante”: l’estraneità dell’uomo al proprio progetto di vita - Ulisse non raggiungerà Itaca. Gli autori del saggio guardano nelle pieghe dell’interiorità pascoliana, approfondendo un aspetto importante e poco noto come la risonanza polifonica del sufismo nei suoi versi.
La presenza del poeta persiano sufi Omar Kayam è “testis” delle arcane corrispondenze tra Oriente e Occidente, che aprono il  verso di Pascoli alla “profezia” della parola. Il mito diviene rivelazione, via luminosa attraverso la quale varcare la soglia del Novecento.
Nel Gelsomino Notturno il poeta-ape, giunto tardi alle porte dell’alveare, aveva trovato chiuse le celle e il suo verso-ronzio restava fuori dalla festa della vita dello stesso epitalamo.
Nell’Ultimo viaggio la vita brilla ancora nelle lacrime di Calipso. Pascoli opera una scelta di rottura e riconsegna Ulisse alla sua Calipso. Il sì di Calipso sembra osare e andare oltre la morte nella continuità di un elemento l’acqua, quella del mare aveva bagnato il suo eroe da vivo e glielo ha restituito esanime, quella delle sue lacrime può ancora abbracciare l’uomo Ulisse-Pascoli.
Le braccia di Calipso restano la speranza. I capelli lunghi come radici sono la sua promessa. La donna del mare è il suo porto sicuro nell’Inquieto Novecento.
Una sola la scelta del poeta: nel mare di Calipso per sempre! Un tracciato che scava nella “storia” di Pascoli attraverso un coinvolgimento metafisico dell’opera pascoliana in un confronto costante con le metafore omeriche che hanno campeggiato nella poesia moderna: da Vico a D’Annunzio.
Uno studio che si apre a tutto tondo ad una chiave di lettura che  pone come riferimento la centralità innovante del Pascoli del viaggio tra i luoghi e i simboli che hanno caratterizzato la cultura Occidentale e quelle dell’Oriente. Un tracciato per recuperare il senso della tradizione nella innovazione delle culture tra l’antico e il contemporaneo.

* Marilena Cavallo è autrice, insieme a Pierfranco Bruni, del saggio: “Nel mare di Calipso. La dissolvenza omerica e l’alchimia mediterranea in Giovanni Pascoli” (Pellegrini editore. Info. 0948795065).

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