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giovedì 26 aprile 2012

Elogio della campagna

Scriveva il poeta Orazio, circa venti secoli addietro, a Aristio Fusco a proposito della campagna:
...Est ubi plus tepeant hiemes, ubi gratior aura
leniat et rabiem Canis, et momenta Leonis,
cum semel accepit Solem furibundus acutum?
…Tu nidum servas, ego laudo ruris amoeni
rivos et musco circumlita saxa nemusque.
 Dove, dimmi dove l'inverno è piú dolce e brezza
 mitighi la rovente canicola, e le settimane d’agosto,
 quando infuria il caldo sotto un sole bruciante?
 …Tu proteggi pure il tuo nido, io lodo l'incanto della mia campagna,
 coi suoi ruscelli, i boschi, e le rocce velate di muschio.
 In campagna lo spirito non può mai allontanarsi tanto dalla base della vita della specie umana, da ciò che è naturale, conveniente e utile. Per l’uomo, come specie, ciò che è naturale e conveniente è la vita rurale — perché noi siamo risultati dell’allevamento millenario della campagna; la città come ambiente di allevamento non ha avuto ancora effetto positivo per la maggior parte delle popolazioni occidentali, come risulta anche dal fatto che le generazioni inurbate periscono continuamente in maniera piu’…veloce. Da noi  occidentali difficilmente esistono stirpi selezionate per resistere alla vita in città. Sebbene in Occidente sin dall’età dei romani esistono città, e in Germania città fondate da tedeschi circa mille anni fa, l’allevamento dell’uomo in Occidente non si è ancora adeguato a questo « progresso », cosa che non meraviglierà chi ha concepito in modo giusto il carattere e i processi di selezione degli esseri viventi con lenta successione di generazioni, né chi ricorda come attorno al 1800 i tedeschi fossero ancora in grande prevalenza contadini.
L’idea che gli uomini non siano ancora abituati all’ambiente urbano, perché le città sono « una manifestazione relativamente giovane nella storia dell’umanità » e che soprattutto le « città industriali moderne » non siano adatte all’uomo, lo trovo espresso anche in Sorokin; ma in Sorokin questo pensiero è espresso in modo ancora lamarckianamente insostenibile (1). Evidentemente Sorokin immagina che il singolo possa adattarsi lentamente alla vita urbana acquisendo istinti cittadini. Io vorrei però esprimere l’idea in termini darwiniani. Esistono naturalmente possibilità di un certo adattamento dei singoli alla vita cittadina; ma di tali adattamenti, che i singoli acquisiscono per sé, non viene trasmesso niente. Ereditariamente trasmesse possono essere solo le disposizioni di un certo adattamento all’ambiente urbano, la disposizione a un certo livello di compatibilità con la città. Che questa dimensione sia esigua è già stato visto da uomini come il francese Le Play (1806-92) e il tedesco W.H. Riehl (1823-97). L’adattamento stabile di un gruppo di persone alla città potrebbe avvenire solo per via di selezione, ossia attraverso un numero di figli superiore alla media di  quelle famiglie che per loro attitudini sono maggiormente compatibili con la vita in città. Ma poiché il gruppo di coloro che per istinto si possono meglio adeguare all’ambiente cittadino sono di regola anche quelli che hanno la minore volontà di procreare — con una vita sessuale forse anche più intensa — anche da questo risulta quanto sia limitata la possibilità di allevare generazioni pienamente capaci di adattarsi a vivere in città.
La campagna con la sua vita contadina e rurale-artigiana è perciò ancora l’ambiente più adeguato alle predisposizioni ereditarie della maggior parte degli uomini — anche se tanti singoli inurbati con istinti cittadini non possono ritrovarsi in campagna. Come portatori di eredità, neppure questi abitatori di città sono adattati all’ambiente cittadino, come dimostra appunto l’estinzione delle stirpi cittadine.

La letteratura sul tema della lentezza e del decelerare si sta notevolmente ampliando in questi anni. Fra le riflessioni più interessanti cito quelle di Tom Hodgkinson di cui desidero ricordare due saggi: L’ozio come stile di vita e La libertà come stile di vita; sono due veri capolavori a supporto della “filosofia della lentezza”. La tesi di fondo di Tom Hodgkinson è quella di affermare che in una società basata sul fare, sull’efficientismo, sul mercato globale e sulla velocità, la maniera per essere veri rivoluzionari è oziare e rallentare, far da sé e produrre localmente, perder tempo. Perdere tempo  vero peccato capitale in un sistema sociale incentrato sul profitto ad ogni costo, è legato invece a una società basata sui ritmi ciclici, a uno stile unito alla natura, al lavoro che l’uomo svolge per produrre il suo sostentamento. L’idea del “perdere tempo”, dell’attendere pazientemente che un ciclo si compia, è caratteristica del lavoro contadino, della terra e della campagna. A ben pensare nel lavoro dei campi non esistono pause che non siano feconde, il tempo perso in realtà è un tempo biologicamente necessario, che si riempie spesso di attività di preparazione a eventi ciclici come sono i raccolti o le semine e questo perché la campagna è una filosofia di vita!. Mentre la velocità è legata a tempi lineari, a una produzione industriale centrata sull’usa e getta, a un modello di società che consuma e che non si preoccupa di far rientrare entro cicli naturali beni, energie, materie prime e persone. È un “tempo-freccia”, privo d’attese.
 
E al caro Virgilio ,compagno  di tante ore liete e trepidazioni  dei tempi del Liceo,  che aveva scritto: "Deus nobis haec otia fecit",("un dio ci ha donato questi ozi"),
rispondo ammiccando:

Sono un privilegiato
perche' ascolto il ticchettino della pioggia
quando la scorza degli alberi diventa verde come le loro foglie e l'odore della terra si mescola
nelle narici..
e seguo il volo di una farfalla quando dal fiore si libra verso
l'immensita' del cielo,con eleganza e tende verso cio' da cui si e' staccata.. 

Sono un privilegiato
perche' chiudo gli occhi,in un pomeriggio afoso e canicolare, al canto divino delle cicale e alla
armoniosa guida del loro direttore d'orchestra mentre il vento si insinua nei miei capelli, disteso sotto il capace manto protettivo dell'ulivo,
e vedo le formiche che corrono inseguendo la loro
operosita' in un ordine maniacale e le lucertole che si abbeverano alla ciotola dei gatti in un'armonia di sensi e gli uccelli che volano tra le nuvole ad ali spiegate…

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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis

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Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà,
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Pierpaolo Pasolini
scrittore
ammazzato nel novembre del 1975

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