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venerdì 13 aprile 2012

La Cultura:un animale in via di estinzione.

Prendendo lo spunto  dalla XIV Settimana della Cultura - 14/22 aprile 2012 – qualche semplice considerazione in merito:


Cultura? Un termine difficile da usare ed ancora piu’ difficile da gestire in questo nostro mondo mediatico caratterizzato dalla immediatezza ed abbondanza di dati ed informazioni,”mare maximum” nel quale  si immergono tutti coloro che sono  alla ricerca di una dimensione, sia di mera visibilita’ che di semplice “economia”.La cultura a mio avviso dovrebbe essere alla base di una società evoluta. Non a discapito del sapere pratico e tecnico, semplicemente dovrebbe essere il punto di partenza.Se acquisisco senso critico, se sono abituato a pensare e a cercare di andare a fondo alle cose, tutti gli altri aspetti dell'esistenza ne trarranno vantaggio. La cultura, infatti, è sinonimo di apertura mentale.




E io non la intendo esclusivamente come sapere scolastico, consequenziale al percorso formativo di ognuno, ma come tutto il vissuto che arricchisce la nostra persona, dal punto di vista umano, esperienziale e cognitivo.
Nella nostra società importa più l’avere (e quindi il potere) che il sapere.E in quest’ottica trovano giustificazione comportamenti spregiudicati .
Strano poi come in un mondo in cui tutto è più facilmente fruibile e a portata di mano, grazie a internet e alla tecnologia, quindi libri,letture, film, interscambio di opinioni, tutto sia appiattito, culturalmente parlando.
Nella politica cosi come in televisone o in tanti altri ambiti il pressapochismo pare essere un pregio. Chi non sa parlare l’italiano, non ha capacità o talenti particolari, né tantomeno competenze specifiche, si ritrova ad essere un modello per la nostra società (e talvolta a muoverne le fila). Ci sono persone laureate, professionisti, che non sanno scrivere, nè esprimersi correttamente.Spesso mi imbatto in errori grammaticali, che difficilmente farebbe un bambino di seconda elementare.Mi chiedo: come sono arrivati alla laurea, se hanno simili carenze di base? Cosa hanno realmente acquisito?
Non vedo sbocchi in questo senso, ma di sicuro non è un mondo migliore quello che rinuncia alla cultura. Gli intellettuali VERI  sono troppo “impegnativi”, poco fruttuosi e soprattutto scomodi, perchè rischierebbero di risvegliare menti e coscienze.
 Ci sono, in effetti, una marea di "intellettuali" che, in realtà, non sono altro che clientes, servi del primo potente di turno, o del loro mediocre IO, capacissimi di spiegarci dalle colonne dei quotidiani che  non c'è alcun pericolo di crisi economica , che i "diritti dei lavoratori" sono anticaglie da dimenticare e, soprattutto, che americani ed israeliani hanno sempre ragione anche quando sbagliano.
Il bello è che poi questi "intellettuali" si mettono spesso a cercare di disquisire sulla necessità che i "proletari" facciano questa o quest'altra rivoluzione... Un certo Toni Negri è famoso per far fare le rivoluzioni ad altri mentre lui se ne sta comodo a Parigi, invece che in galera in Italia.
Ma avete mai sentito i discorsi dei politici in Parlamento?... Non quelli davanti alle telecamere, generalmente già preparati da qualche loro scagnozzo, ma quelli in libertà nelle commissioni parlamentari. Beh, io, in un accesso di masochismo, qualche volta li ho ascoltati e vi posso garantire che è semplicemente sconfortante sentire parlare i nostri rappresentanti con un linguaggio poverissimo, perennemente in lotta con i congiuntivi e la consecutio temporum,ignoranti di tutti e di tutto. 
E potrei continuare a lungo: ecco anche questo intendevo, la cultura non è più un prerequisito indispensabile di promozione sociale... Anzi: più sei bifolco e meglio è, più riesci simpatico e vicino alla famosa gente....
Un tempo l' "ignorante" (non inteso,socraticamente, come “colui che ignora”... ) si vergognava della sua condizione e cercava in ogni modo di sopperire, anche a prezzo di sacrifici, alle sue manchevolezze... Oggi no, l'ignoranza è esibita, esaltata,applaudita. E' diventata, essa, un valore da tutelare....
Basta vedere in quale considerazione sono tenuti i professori,bistrattati e vilipesi sia dalle famiglie che dalle medesime istituzioni,contestati e messi in discussione da gente che non sa neppure cosa sia la scuola e la sua funzione.
Tutto questo, evidentemente, non significa affatto che la cultura sia sparita: solo è sottotraccia, è pressoché scomparsa dalla scala dei valori sociali per rinchiudersi esclusivamente nella sfera degli aneliti personali... Senza, conseguentemente, possibilità alcuna di incidere nella vita associata. I pochi cretini che ancora si intestardiscono a studiare(perche’ si studia sempre o, almeno, le persone di CULTURA VERA lo fanno sempre, e’ insito nel loro DNA) e fare ricerca si rendono perfettamente conto della situazione sconfortante, ma si rendono anche conto (o forse sperano) che una società basata sulla furbizia e sulla messa in mostra di culi&tette non può durare a lungo, e prima o poi i vecchi testi polverosi dovranno, per forza di cose, essere estratti dai loro scaffali.
Insomma, mi auguro che questo andazzo non duri in eterno, non riesco a credere che un edificio basato sul nulla si regga in piedi per troppo tempo... Del resto, lo dice pure la fisica: stando al secondo principio della termodinamica, la tendenza spontanea di un sistema è quella verso l'aumento dell'entropia... Ed una società acculturata implica, al contrario, una forte diminuzione di entropia....
 Scriveva Marcel Proust:
“Non esistono forse giorni della nostra infanzia che abbiam vissuti tanto pienamente come quelli che abbiam creduto di aver trascorsi senza vivere, in compagnia d'un libro prediletto... ancor oggi, se ci capita di sfogliare quei libri di un tempo, li guardiamo come se fossero i soli calendari da noi conservati dei giorni che furono, e con la speranza di veder riflesse nelle loro pagine le dimore e gli stagni che più non esistono”.

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso.

Consoliamoci cosi’!






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Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà,
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Pierpaolo Pasolini
scrittore
ammazzato nel novembre del 1975

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