A proposito dei suicidi di questi giorni in Italia, una strage silenziosa in crescita del 24,6%. Purtroppo, si puo’ morire di vergogna, per il terrore di passare dalla condizione di “poveri” a quella di “miserabili”.
«Cos'è, in realtà, la povertà? Una costruzione dello spirito, un concetto, un vocabolo? Uno stile di vita, la manifestazione di una mancanza, una forma di sofferenza? Si contrappone alla miseria o ne è un sinonimo? Rappresenta un limite arbitrario stabilito dagli esperti per distinguere i poveri dai non poveri o, ancora, è una delle frontiere che separano i comuni mortali dai santi?»
«La diffusione generalizzata della miseria e dell'indigenza è uno scandalo sociale ovviamente inammissibile, soprattutto all'interno di società che sarebbero perfettamente in grado di evitarla. E la viscerale ribellione che essa suscita in ciascuno di noi è del tutto giustificata ma, se notate, questo “sdegno” rimane puramente teorico,come il disprezzo per tutto cio’ che e’ privilegio per la casta. Ma non è aumentando la potenza dei processi di produzione di beni e di prodotti materiali che si potrà porre fine all'infamia, poiché questi processi sono in realtà i medesimi che producono sistematicamente la miseria. Oggi bisogna sforzarsi di comprendere le molteplici e profonde ragioni dello scandalo. Non ha senso parlare della povertà e dei poveri in generale. Le diverse forme di povertà, difficilmente paragonabili tra loro, spingono a riconsiderare molti interrogativi cui non riuscivo a dare una risposta: sulle nozioni stesse di povertà e di ricchezza, sui significati molteplici e spesso opposti attribuiti a questi termini, sui comportamenti delle società umane di fronte alle sofferenze e alle privazioni nate dalla miseria e dall'indigenza, sulla frattura, infine, creata dall'economia moderna nella percezione delle povertà e delle ricchezze».
Condannare degli uomini e delle donne alla miseria è una violenza che va considerata come una violazione dei diritti umani. Purtroppo, la parola miseria è stata evacuata del linguaggio politico e sociale. Sembra essere una parola politicamente scorretta. Nei discorsi, si parla più facilmente della povertà, dimenticando la differenza fondamentale tra povertà e miseria. Nelle varie spiritualità, nei testi sacri delle diverse religione del mondo, nella sapienza dei filosofi, la povertà è sempre stata riconosciuta non come una maledizione ma come una benedizione. E stata scelta da tante figure che hanno attraversato la storia dell’umanità: da Socrate a Gesù, da Francesco d’Assisi a Gandhi, da Confucio a tanti altri.
“La prima cosa da chiarire è la grande differenza che esiste tra “povertà” e “miseria”. In italiano queste due parole sono simili, ma in realtà ci sono molte differenze tra i due concetti. Per San Tommaso la povertà era la mancanza del superfluo, mentre la miseria era la mancanza del necessario. Il filosofo francese Proudhon affermava che la povertà era la condizione naturale dell’umano, mentre Charles Péguy nel XX° sec. ha parlato della povertà come un rifugio contro la miseria (…) La povertà dovrebbe essere un’etica, una volontà di vivere insieme basata su criteri culturali come la giustizia, la solidarietà e la coesione sociale”
Recentemente, nel par. 107 dell’Esortazione Postsinodale Verbum Domini del 30 settembre 2010, il Papa Benedetto XVI, scriveva: “La Chiesa è anche consapevole che esiste una povertà come virtù, da coltivare e da scegliere liberamente, come hanno fatto tanti Santi, ed esiste una miseria, esito spesso di ingiustizia e provocata dall’egoismo, che segna indigenza e fame e che alimenta i conflitti. Quando la Chiesa annuncia la Parola di Dio sa che occorre favorire un «circolo virtuoso» tra la povertà «da scegliere» e la povertà «da combattere», riscoprendo «la sobrietà e la solidarietà, quali valori evangelici e al tempo stesso universali… Ciò comporta scelte di giustizia e di sobrietà”.
Padre Joseph Wresinski, teneva molto a questa distinzione di natura tra povertà e miseria. “La miseria comincia laddove regna la vergogna”, diceva spesso. Sul testo della Lapide commemorativa della vittime della miseria, a Parigi, ha scritto che “Laddove gli uomini sono condannati a vivere nella miseria, i diritti dell’Uomo sono violati”.
Domanda terminale: quale e’ il vero significato del termine «povertà», profondamente diverso dalla parola «miseria» fabbricata dalla scintillante, quanto feroce, macchina del consumismo globale?
Lieve considerazione finale: il disprezzo della gente per questa casta abbarbicata sui loro privilegi finanziari e’ pari solo alla gravita’ della crisi per le famiglie. Non me la prendo con questi …personaggi, ma con me stesso e col “popolo coione” che sopporta tutto, chino a 90 gradi. Da persona pacifica e serena, una bella “spedizione punitiva” al Parlamento, con “uso finale” di sputi ed affini non sarebbe “cosa buona e giusta”?
(UNO PER TUTTI)
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