Vi posto, a cultura mia e di tutti gli
uomini e donne di buona volontà, amanti del sapere e della lettura, una
succinta biografia di un figlio illustre grottagliese, uno di quegli
uomini di cui si può ben dire che abbiano fatto la Storia. Il nostro
personaggio, infatti, fu un “primo attore” nel famoso Concilio di Trento (1545/1563),
nel quale fu definita la riforma della Chiesa cattolica e la reazione
alle dottrine del calvinismo e luteranesimo. E la sua importanza(intendo il
Marinaro) non si può comprenderla se non si conosce ciò che quel Concilio
rappresentòper la Cristianità nel tempo corrente e nel suo futuro:il
Concilio più importante nella Storia della Chiesa.
Con frequenti richiami alle
posizioni dei protestanti, ufficialmente condannate, esso affrontò molte
questioni che sono state oggetto di controversia ribadendo sempre la posizione
tradizionale della Chiesa.
Alcune:
- Fondamento della fede cristiana sono la Rivelazione divina, contenuta nella
Bibbia e la tradizione ecclesiale (che i protestanti rifiutano;
- L'interpretazione della Sacra Scrittura è privilegio esclusivo della Chiesa e
non può essere (come vorrebbero i protestanti) lasciata al libero arbitrio delle
coscienze individuali;
- Viene riaffermata, in antitesi con la posizione dei riformati, l'utilità
delle opere al fine della salvezza, delle indulgenze, la legittimità del culto
di Maria e dei Santi, la sacralità dei Sette Sacramenti;
- La Chiesa sottolinea in oltre (in contrasto più che altro con i calvinisti)
che nessun fedele ha diritto di ritenersi predestinato alla salvezza.
- Vengono istituiti Seminari con lo scopo
di preparare i futuri sacerdoti ai doveri a loro imposti dalla vocazione;
- Per offrire ai fedeli un'adeguata formazione religiosa, s'impone ai sacerdoti
di insegnare la dottrina e ai vescovi di risiedere stabilmente nella propria
diocesi e di farvi periodiche visite pastorali;
- Per ripristinare la dignità del clero vengono ribaditi gli obblighi del
celibato (che i pastori protestanti violavano), dell'abito telare e il divieto
di accumulare benefici.
La biografia è tratta da un’opera di diversi
autori, edita a Napoli nel 1817:
“Venne alla luce del Mondo intorno al finire del XVI secolo
nella nobile terra delle Grottaglie Diocesi di Taranto , e consagratosi al
Signore di buon ora nell'Ordine de' Carmelitani, si acquistò una fama immortale
di celebre Oratore, di famoso Teologo , e di grand' Uomo di affari in tutti
quegl' impieghi , che nel medesimo gli furono affidati; essendo egli stato
Reggente di Teologia prima in Venezia , poi in Roma, aggregato in seguito al
Collegio de' Teologi in Napoli, Provinciale più volte in Puglia; Visitatore
della sua Provincia nella Sicilia, e Procuratore Generale del suo Ordine in
Roma, ove ancora occupò la pubblica Cattedra di Teologia nell' Archiginnasio .
In Bari, dice il Beatillo perché venne un
gran Predicatore nominato il P. Antonio Marinaro dalle
Grottaglie e diè grandissima soddisfazione ai Baresi nel predicare e nel
conversare , fu a richiesta di Lui fondato nella Città un nuovo Convènto di
quella Sagra Religione nel 1542. Ma la maggior mostra del suo sapere e valore
egli la fece in Trento , ove due volte perorò alla presenza dei Padri nel 1545.
e i546. e quelle aringhe furon pubblicate con altre di sunii genere recitate in
quella Sacra Assemblea (1). Ma ciò, che gli conciliò una gran fama , fu la
mirabile prova, eh' egli fece della sua scienza Teologica e prodigiosa memoria
in quel Sagrosanto Concilio; avvegnacchè avendo riportato per ordine cinquanta
argomenti degli Eterodossi fiancheggiati dalle loro ragioni ed autorità , con
ordine retrogrado dall'ultimo fino al primo tutti li disciolse e confutò con
forza ed energia, riportando a tal fine chiarissimi testi delle Divine. Scritture e ragioni convincentissime: del qual fatto furono testimonj ed
ammiratori moltissimi Prelati, e parecchi insigni personaggi di quasi tutti gli
ordini Regolari .Nel sopraddetto Concilio, dice il Battista egli propalò il suo sapere; in che modo
ricever si debbono le tradizioni della nostra Fede. Dispiacque a molli , come
racconta il Soave Autor sospetto (a) e da molti ancor difeso quel , che senza
controversia dicesi di Lui,è, che in quella Ecumenica Assemblea fu da tutti
stimato al maggior segno, come Teologo di profondissimo ingegno , e forse a in
un secondo, fa riputata miracolosa sua acutezza del suo ingegno , e la
prontezza della sua memoria. Paolo Sarpi nella sua Storia del Concilio di Trento, specialmente
allorché tiene ragionamento delle Sessioni tenute sotto Paolo III. l'anno 1546.
e 1547. Ed a questo fonte sembra, che avesse bevuto il Continuatore del Fleroy,
allorché asserisce, che il Marinaro non ben ragionò riguardo alla Tradizione,
per cui fu ripreso dal Cardinal Paolo, e per riguardo alla concupiscenza , che
rimane negli Uomini dopo il battesimo. .Varie cose egli scrisse, ma non potè
condurle a fine, prevenuto dalla morte, che gli vietò di dare all'istesse
l'ultima mano. Pubblicò solamente un'eccellente Opera, e di que' tempi molto
stimata, che porta il titolo: Antonìi Mariae , Carmelitae , De
Consonantici Jesu Christi et Prophetarum. Ven. ap. Franciscum Bindonum et Masheum
Pàsineum i53g. 4. et Parisiis 1641. Il l'abricio ne porta un'altra del 1564. ma senza indicare
il luogo della stampa , che forsi sarà stata Anversa. Ne fa menzione Sisto
Senese (5) e Antonio Possevino (4) , che qualifica
quel Libro , come salis recte dispositum. Altri parecchi Autori parlan
del Marinaro con somma lode , fra quali il Casimiro nella sua MS. Lettera
Apologetica in favellando di Monsignor Giancarlo Bovio , e Q. Mario Corrado ,
che gli indrizza una delle più Latinissime Lettere, nella quale tratta dell'
intelligenza di alcuni passi Greci; facendo entrambi il più lusinghiero elogio
della di Lui Sacra Eloquenza. Ritiratosi in Patria ivi finì di vivere nel 1674
e fu sepellito in fondo della Chiesa del suo Ordine in quel medesimo luogo ,
ove fu in seguito dipinto il di Lui ritratto , con Iscrizione ed Epigrammi
composti da Monsignor Francesco Maria Caforio Canton delle Grottaglie e dal
Vicario di Trani e di Velletri morto Vescovo di Castro. Non è fuor di proposito
il qui soggiugnere, che il Nostro Antonio ebbe un
pronipote del suo stesso nome, cognome , ed Ordine Religioso, il quale fiorì
verso la metà del XVIII. secolo, ed emulando le virtù e la fama del suo Grande
Antenato, venne in gran credito di Uomo dottissimo specialmente nella Scienza
Teologica, fece da Maestro ai Cardinali Barberini, ed ebbe il vescovato di
Tagaste col Suffraganeato di Ostia e Velletri, essendo Vescovo di queste Chiese
il Cardinale Frai oesco Barberini. Occupò ancora la pubblica Cattedra prima di
Logica , poi ai Metafisica nell'Archiginnasio della Sapienza di Roma , e veniva
comunemente appellato il Santo Agostino vivente , perchè nelle sue Lezioni
faceva costantemente uso delle dottrine di quel Santo Padre; e pubblicò varie
Opere, che lo fecero conoscere non solo come Teologo, ma anche come Oratore”. (Gianbattista Lezzi)
A dimostrazione che il web,se usato con intelligenza ,come
tutte le cose umane, e’ un tesoro smisurato ed immenso da indagare e cercare,leggiamoci
questo altro breve scritto, tratto dall’”Istoria del concilio tridentino” di Paolo
Sarpi:
“Solo Frà Antonio Marinaro carmelitano, non discordando da gli altri in affermare,
che '1 peccato è scancellato per il battesmo e che la concupiscenza è peccato
inanzi, considerò nondimeno, quanto al dannare il contrario d'eresia, che sant'
Agostino già vecchio scrivendo di questa materia a Bonifacio, disse chiaramente
che la concupiscenza non era peccato, ma causa ed effetto di esso. E contra
Giuliano con parole non meno chiare disse, che era peccato, causa di peccato ed
effetto ancora; e pure nelle retrattazioni non fece menzione nè dell' una nè
dell' altra di queste proposizioni contrarie: argomento che riputasse ciò non
partenere alla fede e potersene parlare in ambidue li modi, essendo la
differenza piuttosto verbale che altro. Imperocchè altra cosa è ricercare se
una cosa sia in sè peccato, o vero se sia peccato ad una persona iscusata: come
se alcuno andando alla caccia necessaria al suo vivere, pensando uccidere una
fiera per ignoranza invincibile uccidesse un uomo, i giurisconsulti dicono che
l'azione è omicidio e delitto, ma il cacciatoi" è scusato, sì che non è
peccato a lui per la circonstanza della ignoranza…”
Dilettiamoci ancora nello spirito con le parole di Paolo Sarpi ( edizione del 1746), il maggior storico del 1600,tenendo sempre conto dell’idioma italiano
del secolo di cui trattasi:
“Fra Antonio Marinaro era di
parere, che la differenza foffe verbale, e diceva, che ficcome pattando da un
gran freddo al caldo,fi paffa per un grado di freddo minore, il quii non e né
caldo, né freddo nuovo,ma lo delio diminuito;così dal peccato alla
giuftizia fi pa(Ta p:r i terrori, ed attrizioni, che non fono ope'et buone, né
nuovi peccati, ma i peccati vecchi attenuati; ma in que
llo avendo tutti gli altri centrar), fu corretto ritrattare.
Dell'opere fatte in grazia non fu tra loro difficoltà, tutti affermando, che
fono perfette, e meritorie della vita eterna,e che l'opinione di Luterò,che
fiano tutte peccato è empia, e fagrilega ; avendo per beftemmia, che la Beata
Vergine abbia commeffo un minimo peccato veniale; come poi potrebbono
l'orecchie foftener d'udire, che in ogni azione peccale? che do* vrebbe la
terra, e l'inferno aprirli a tante beftemmie. intorno Nel capo dell' effenza
della divina grazia , per cenfura degli artico!} ventidue, e ventitre, fu
comune confiderazione, che la voce Grazia in prima fignificazione
s'intenda una benevolenza , o buona volontà, la quale quando è in chi abbia
potere, partorifce di neceffità anco un buon effetto,eh'è il dono, o benefìzio,
qual effo ancora è chiamato grazia. I Proiettanti aver penfato che laMaeftà
Divina, come che non potendo di più , ci faccia folo parte delia iua
benevolenza , tua l'Onnipotenza divina ricercava, che fi aggiugneffe il
benefizio in effetto . E perché al* cuno avrebbe potuto dire, che la fola
volontà divina,eh'è Dio diede* fimo, non avea cofa maggiore , e che anco
1' averci donato il Aio fi" gltuolo era un ìcmmo benefizio, e che
San Giovanni volendo moftrar il grande amore di Dio vedo il Mondo, non allegò
altro,cVt« aver dato il Figlio unigenito; Congiugne vano, che quetti fono
benefizi comuni a tutti, e che conveniva, che fi facefTe un prefente proprio
aciafcuno. £ però i Teologi hannr> aggiunta una grazia abituale, donata a
ciafcuno piatto la^fua, la quale è una qualità fpirituale , creata da Dio, ed
mfu fa nell'anima , per la quale vien fatta grata, ed accetta alla Divina
Maeflà; della quale f-bben non fi trova efpreffa parola ne' Padri , e meno
nella Scrittura, nondimeno fi deduce chiaramente dal verboG/aflìfitareì \\ qual effendo effettivo , per neceffìtà lignifica
far giufto co» impreflìon? di reale giuftizia , la qual realtà non potendoeffer
foftanza » non può effer altro che qualità , ed abito. Tnurno Ed in quefta
occafione fu trattato lungamente contra i Luterani, che Cgtiificano pronunciar gratto; e per
molti luoghi della Scrittura del Nuovov e VecchioTeftamento, che anco
nella traduzione Latina è ufata in tal fignifkazìdne,1
e fé ne allegava fino a quindici. Ma ilSoto efcladeva tutti quelli di San
Paolo, che parlano della noftra giuttificazioae ,e in quelli diceva non poterti
intenderete non in fignificazioneeffettiva; di che nacqoi gran difputa tra lui
e il Marinaro,al qual non piaceva, che fi fondaffe
in cofa cosi legifera, m» diceva, l'articolo della grazia abituale non poter
ricéver dubbio , come decifo nel Concilio di V-ieo»», e fenrenza comune ili
tutti Teologi, e quefto effer un far fodiifon* damerttr, che non poffono effer
diftrutti , e non voler dir* , che San Paolo a'Romani, quando dice che Dio
giuftifica , non intenda in fenfd decorativo contra il tetto manifetto, che
mette un proceffo giudìciale, che oeffun potrà accufar , né condannar gli
Eletti da Dio”.
Spero di aver fatto qualcosa di utile e gradito.
Non sapevo di questo personaggio.
RispondiEliminaBravo e grazie all'autore.