La leggenda del Lauru è un aspetto importante della
cultura della nostra bellissima terra. Qua da noi esiste una curiosa e
radicatissima credenza popolare: la leggenda del Lauru. Questi e’ una specie di folletto, molto simile ai Brownie
britannici, che spesso in passato sono stati avvistati da una miriade di
persone. Il folklore popolare racconta che questi strani esseri (secondo alcuni
sono elfi, secondo altri spiriti o folletti) vivevano nei boschi o tra le mura
domestiche di tutte le case di campagna, nelle masserie sperdute nel verde,
oppure nelle abitazioni di città.
Potevano essere benigni, ed aiutavano i contadini nei lavori
più disparati; ad esempio badando agli animali durante la notte e, in alcuni
casi, mungendoli o strigliandoli; oppure regalando monete d’oro; o tenendo gli
animali selvatici lontani dai campi. Poi c’erano i Lauri maligni, che si
divertivano a fare i più svariati tipi di dispetti, come rompere i coperchi
delle pentole nel cuore della notte, facendo un gran baccano; intrecciare le
criniere dei cavalli in treccine indistricabili ,turbare il sonno e i sogni
delle giovani fanciulle. Il nome di Lauru, probabilmente, deriva dall’albero in
cui si diceva abitassero (il Lauro, appunto). Si dice che fossero dotati di
velocità soprannaturale, e di svariati poteri magici che li rendevano quasi
invulnerabili, specie nel cuore della notte. Tuttavia, si diceva che il loro
potere si affievolisse con l’avvicinarsi dell’alba, momento in cui era
possibile per un uomo affrontarli. Se, lottando con uno di loro, l’uomo fosse
stato capace di togliergli il cappellino
rosso a sonagli (che si dice fosse la fonte dei loro poteri) avrebbe vinto
la sua lotta, e il folletto avrebbe perso i suoi poteri magici.
Chi dice di averlo visto lo descrive come un
ometto molto basso, con un cappellino rosso a sonagli e sempre ben vestito. Il
lauru nel corso dei secoli è entrato a far parte della fantasia popolare.
Avvenimenti molto strani erano attribuiti al folletto.
Assumeva diversi atteggiamenti. Molte
volte era dispettoso, prepotente, capriccioso; altre volte era allegro, buono,
remissivo e agevolava la famiglia che gli stava a cuore. La sua dimora
preferita era la stalla e si innamorava molto spesso della cavalla o
dell’asinella. La accarezzava e trascorreva molto tempo insieme a lei.
Se i cavalli non gli permettevano di
mangiare la biada, diventava dispettoso ed intrecciava le loro code. Gli
anziani hanno sempre visto in questo personaggiol’anima di un morto che non
aveva ricevuto i sacramenti. Nessun documento accerta la presenza di queti
folletti, ma nel corso dei secoli la minuziosa descrizione di questi
avvenimenti ha affascinato ed impaurito intere generazioni.
Vari i nomi, secondo i luoghi: carcalùru, lauru, monacizzu,
scazzamurièddhu, uru. Altro non sono se non il daimon (δαίμων)dei greci, oppure
l’incubo dei latini che durante la notte si sedeva premendo sullo sterno,
impedendo la respirazione e provocando brutti sogni. Poteva essere ora
tormentatore degli uomini, ora benefico: Era un folletto tra il bizzarro e
l’impertinente, cattivo con chi l’ostacolava o svelava le sue furberie,
benefico con chi gli usava tolleranza. Lu scjakùddihi era il dio tutelare dei
frantoi di olio, specie di quelli ipogei sua stabile dimora. In passato, quando
nelle fredde serate autunno-vernine si vedevano esalare fumi dai fori
sovrastanti il frantoio si pensava allo scazzamurièddhu che veniva considerato
come il benefattore dei poveri e il folletto del focolare domestico. Spesso, si
immaginava che fosse l’anima di un morto, che non aveva ricevuto i sacramenti. Molti
giurano di averlo visto, o per lo meno di aver visto gli effetti delle
sue marachelle. Gli anziani lo descrivono come uno gnometto alto 30-40 cm., con
il berretto rosso sulla testa pelosa, gli occhi neri e lucidi. Per addolcirne
il carattere irruento e dispettoso l’unica cosa da fare sarebbe stata quella di
privarlo del suo prezioso berretto. La maggior parte delle volte, questo
comportamento mansueto era solo il tipico specchietto delle allodole, un
ingegnoso espediente per riprendersi l’adorato cappello.
Il mito del municeddhu salentino è molto simile a quello degli Incubi
romani. Gli Incubi erano dei piccoli spiritelli che causavano enormi disagi al
sonno dei malcapitati che avevano la sfortuna di imbattersi sul loro cammino.
Si sedevano sul petto del dormiente causando sogni orribili. L’unico modo per
privarli dei propri poteri era quello di rubargli il cappello a punta che
portavano sempre con loro.
Riferimento a questi spiritelli, e ai rimedi per tenerli lontani, si
ritrovano anche nelle culture nordiche. Qui si ritiene infatti che basti
posizionare in prossimità di un letto una pietra levigata da acqua di fiume,
possibilmente con un foro formatisi naturalmente al suo interno, per tenere
lontani i folletti durante le ore notturne e godere così di un giusto riposo.
Seguendo un po’ la tradizione mitologica britannica, si potrebbe pensare che i
Lauru sono esseri appartenenti al “mondo delle fate”, esseri cioè che
provengono da una dimensione immateriale e parafisica; da cui, occasionalmente
si spostano per venire nella nostra realtà, con scopi che non ci è dato
conoscere. Generalmente, chi prende sul serio quest’ipotesi, considera benigni
questi esseri, come una sorta di visitatori che magari hanno persino paura di
noi uomini, e che talvolta si divertono a prendersi gioco dei comuni mortali.
C’è chi dice invece che fanno parte di una “popolazione boschiva”, abitanti del
boschi e delle macchie mediterranee, “animali strani” o forme di vita che non
conosciamo, ma che non hanno nulla di soprannaturale. Un'altra teoria
identifica i Lauru come spiriti, fantasmi di varia natura, ad esempio è
convinzione comune che siano una specie di anime dannate, uomini che non
avevano ricevuto i sacramenti, o bambini periti in circostanze tragiche
(annegati, uccisi, bruciati) che sfogavano sui malcapitati di turno la loro
malvagità e/o voglia di giocare (a volte con scherzi piuttosto pesanti). Altri
ancora pensano che siano la materializzazione di forze naturali, “spiriti della
natura”, che vengono dai boschi e rappresentano una sorta di anima delle piante
e delle creature del bosco. C’è invece chi ha sostenuto che i Lauri altro non
sono se non una specie di “spirito della casa”, manifestazioni di energie
sconosciute che prendono vita. Diverse persone credono in questa teoria,
incoraggiati anche da una certa somiglianza etimologica dalla parola Lauri con
la parola latina Larii. Per chi non lo sapesse, i Larii erano le divinità domestiche protettrici della casa presso
gli antichi romani.
La maggior parte dei racconti nostrani vedono questo folletto come un essere
che si divertiva ad intrecciare il pelo degli animali, spennare pennuti,
spostare e nascondere oggetti, bisbigliare nel cuore della notte. Se avete
occasione di fare una passeggiate nelle piazze salentine( Salento, intendesi Puglia
meridionale), non mancherete di incontrare dei vecchietti che discorrono dei
tempi andati seduti su alcune panchine. Se chiedete loro dei municeddhi, molto
probabilmente, chiunque avesse posseduto un cavallo, vi
racconterebbe che molte mattine la criniera e la coda del fedele animale erano
intrecciate, arruffate o aggrovigliate in maniera così confusa e stringente che
risultava molto difficile rimetterla in ordine.
Una cosa positiva però c’era:
il lauru conosceva i luoghi dove erano nascosti i più grandi tesori…simpatizzarci non
sarebbe stata, quindi, una cattiva idea.
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Nota: e se vi dicessi che ne ho visto uno? Ricordiamoci di Benedetto Croce:"non e' vero ma...ci credo".
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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis