Se pur mai (solo come ipotesi di 3 tipo) qualche ragazzo leggera’ queste righe, pensera’ di trovarsi di fronte
ad una favola, ad un mondo irreale, mai esistito, un mondo dove la televisione
era una parola da poco conosciuta e nessuno sapeva cosa fossero internet, i
cellulari e l'iPod. Proprio una favola, e anche scritta male! - diranno -. Come
si può essere felici senza tv, senza internet e senza la nuova suoneria appena
scaricata sul telefonino?
Già... come si puo’ essere felici!
Eppure ci sono delle favole che rimangono, con il loro mondo e le loro musiche,
i loro eroi e i loro sogni a buon mercato. Un mondo che magico non era, che
facile non era. Un mondo in bianco e nero dove la favola era rifugio ma non
fuga e dove la parola Amore profumava sempre di sacro, di nobiltà, di umanità
profonda. lo su quel mondo orfano di tecnologie e ricco i sentimenti ci
abitavo, e ci stavo bene.
Anno 2010: oggi, per avere la musica “da trasporto”, basta
collegarsi ad un sito “ad hoc”su internet, collegare il nostro lettore MP3 o
l’iPod alla porta USB del computer e…….voilà! Con pochissimi gesti ci
ritroviamo tutti i brani musicali che vogliamo a portata di mano, anzi
d’orecchio, senza spostarci da casa.
Anno 1970:
ieri, per avere la musica “da trasporto”, occorreva posizionare il microfono
del nostro registratore a nastro davanti all’altoparlante della radio e avviare
la registrazione spingendo contemporaneamente sui tasti REC e PLAY; in
alternativa si andava nei negozi di musica, si acquistavano i dischi in vinile
a 45 giri e poi li ascoltavamo inserendoli nel giradischi portatile.
Quante volte ho fatto questa
operazione!
Sto parlando, per chi non
l’avesse capito, del mangianastri e del mangiadischi.
Il mangianastri è stato
introdotto dalla Philips sul mercato verso la metà degli anni ’60 per eliminare
la necessità di arrotolare il nastro magnetico su due singole bobine e tutti
gli inconvenienti conseguenziali a tale manovra che doveva essere fatta ogni
volta che il nastro appena ascoltato o registrato doveva essere riportato al
suo punto d’inizio con i vecchi registratori a bobine.
Ma se l’avvento del
mangianastri fu senza dubbio importante, uno dei suoi predecessori divenne
addirittura un mito!
Breve descrizione:
registratore a nastro magnetico portatile di ridotte dimensioni (circa 30 cm di
lunghezza per 20 cm di larghezza per 15 cm di altezza), venduto con una pratica
valigetta di cartone duro ricoperta di plastica che permetteva di trasportarlo
ovunque, le prime versioni erano in plastica color crema, aveva quattro
pulsanti colorati per le funzioni operative e due rotelle per accensione e
volume del suono e registrazione.
Questo era il mitico Gelosino!
Nato agli inizi degli anni
’60 dalla mente vulcanica dell’ingegner Giovanni Geloso e prodotto in Italia dall’omonima
ditta “Geloso”, il Gelosino venne messo in vendita alla “modica” cifra di
45.000 lire che per quei tempi sicuramente non era modica ma non c’era paragone
con le stratosferiche cifre dei più professionali (e non portatili)
registratori a bobine da salotto.
La bobina del Gelosino aveva
un nastro magnetico che permetteva una registrazione della durata di circa
un’ora e mezza, si rompeva con estrema facilità, ma bastava un pezzo di scotch
e la riparazione era presto fatta!
Pubblicizzato come un ottimo
strumento per aiutare i figli negli studi, finiva spesso per essere usato per
mettere insieme qualche sceneggiato-radio, cercando di imitare tutti i rumori
possibili: la pioggia, stropicciando il cellophan delle sigarette, il vento,
soffiando nel microfono, imitando animali vari, improvvisandosi giornalisti,
facendo interviste a qualche amico oppure inventando radiocronache di
improbabili partite di calcio.
Usato poi per registrare
qualche canzone alla radio, tutti dovevano stare in silenzio sperando che nessuno
entrasse nella stanza rovinando la registrazione; chi è che non ha mai provato
quanto appena raccontato, magari con un più moderno mangianastri?
Per i francesi " mange
disques " per gli inglesi " portable record player ", per noi
italiani semplicemente mangiadischi; ecco il secondo
riproduttore portatile di musica che ha fatto la storia. Questa strana
invenzione, oggi quasi sconosciuta, per noi che abbiamo vissuto gli anni ’60 e
‘70 e' stata molto importante…direi nostra amica di avventure.
Il mangiadischi e' nato alla
fine degli anni ‘50, ed è esploso all'inizio di un decennio d'oro per la musica
leggera italiana, gli anni ‘60.
Con l’arrivo del
mangiadischi, si avverava la possibilità di avere tra le mani la propria musica
preferita trasportandola con una comoda maniglia.
Il
più famoso era il Penny, ma marche e modelli erano veramente tanti e tutti
erano disponibili in colori vivacissimi (io ne avevo uno color senape, ma ne esistevano di
tipo arancione, celeste, rosso, verde, giallo ecc); permetteva l’ascolto dei
dischi in vinile a 45 giri, funzionava di solito a pile (per un trasporto
ottimale) ma era anche alimentato a corrente elettrica.
Era una scatola di plastica
con una fessura come un grosso salvadanaio, aveva una manopola (a volte due) e
un bottone per estrarre il disco…la magia avveniva con questi pochi elementi.
Quei dischi graffiati e spesso anche un po’sbilenchi venivano infilati nel
mangiadischi (a volte anche due insieme nel caso di bambini pestiferi o curiosi
come me che volevano provare che cosa si potesse sentire) e via, la festa
cominciava:Gianni Morandi, Perry Como, Nomadi, i Dik Dik ec ecc
Il mangiadischi aveva due
grossi difetti: il primo era che dopo pochi ascolti tendeva a danneggiare i
dischi che non era più possibile ascoltare con altri giradischi, ma (chissà per
quale ragione), se reinseriti nel mangiadischi si sentivano di nuovo benissimo!
Altro suo difetto era la
fragilità dei componenti interni, infatti le parti in rame e quelle in gomma
tendevano a rovinarsi con estrema rapidità.
Ma la fine del mangiadischi
non fu dovuta alla sua scarsa qualità sonora o al facile deterioramento delle
parti interne: la sua fine seguì un andamento parallelo alla fine della
produzione dei dischi a 45 giri che arrivò negli anni ’80 con l’avvento dei CD.
Alzi il dito chi, nato negli
anni ’50 o ’60, non ha mai passato da bambino una domenica a letto con la
febbre ascoltando le favole su un 45 giri infilato nel mangiadischi; alzi il
dito chi, da ragazzo, non ha mai ballato ad una festa di compleanno avvinghiato
ad una ragazza mentre il mangiadischi suonava un lento dei Procol Harum (A
whiter shade of pale) o dei Pooh (Tanta voglia di lei)…..
….magica scatola musicale di
plastica, quanto ci hai fatto divertire, quante emozioni ci hai dato!!
Eppure siamo ancor qui…
Noi che...ascoltavamo la musica dai juke-box: una canzone 50 lire, tre
canzoni 100.
Noi che...ci siamo conosciuti davanti ad un juke-box e dopo quarantanove
anni stiamo ancora insieme.
Noi che...H1 N1...altro che influenza: erano due canzoni del juke-box.
Noi che...non avevamo il computer, il cellulare, i videogiochi, la parabola
satellitare, il digitale terrestre...ma avevamo la radio e il disco.
Noi che...per dire "ti amo" facevamo le dediche alla radio.
Noi che...chiusi nel bagno della scuola con la radiolina ad ascoltare"
hiiiit paraaaaaaade" di Lelio Luttazzi.
Noi che...contemporaneamente studiavamo ed ascoltavamo la radio riuscendo a
fare bene entrambe le cose.
Noi che...le cassette se le mangiava il mangianastri e ci toccava
riavvolgere il nastro con la Bic.
Noi che...il Tanga era una piccola radio verde.
Noi che...compravamo i 45 giri in vinile a 350 lire.
Noi che...quando parlavamo di "lato B" intendevamo solo la seconda
facciata del 45 giri.
Noi che...appoggiavamo la moneta da 50 lire sulla testina del giradischi
quando saltava.
Noi che...dovevamo cambiare la puntina al giradischi.
Noi che...andavamo alle feste con i 45 giri sotto il braccio.
Noi che...quando andavamo ad una festa portavamo sempre in regalo un disco
da 45 giri.
Noi che...l'estate era una spiaggia, una chitarra e un falò...
Noi che...tifavamo per Gianni Morandi e papà per Claudio Villa.
Noi che...eravamo fans di Gianni Morandi quando avevamo 16 anni e...che
ancora lo siamo...
Noi che...pensavamo che ogni canzone fosse fatta apposta per noi e desse
voce alle nostre gioie e alle nostre pene.
Noi che...è passata una vita e ci commoviamo ancora per la stessa canzone.
Noi…che ora siamo alla “ ricerca del
tempo perduto”.
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Bravo prof,lo scrivere bene paga sempre.
RispondiEliminaL.R.