Un incontro tra il Novecento poetico e l’antropologia della piazza
al Salone del Libro di Francoforte
Ed è stato un incontro proficuo e piacevole.
La prefazione al volume, curata da Neria De Giovanni, dice pienamente quanto la poesia, non nata per stare al chiuso di una polverosa biblioteca, ami gli spazi aperti e la luce chiara, in virtù della sua inviolabile natura comunicativa.
La poesia, dunque, occupa la piazza (“luogo deputato alla socializzazione”) e consente un viaggio altamente maieutico sia per gli autori che per coloro i quali, leggendola, ne fruiscono il benessere.
Un titolo suggestivo: "La poesia, la piazza e la parole". La piazza dei futuristi (quella proprio dell’avanguardia nazionale), la piazza “bianca” di Vittorio Bodini (quella, per intenderci, dei disoccupati meridionali che attendono sulle gradinate del Municipio un qualche lavoro), la piazza come luogo del vissuto, cantata con perizia dal poeta Corrado Calabrò (che – notano con attenzione gli autori – è “colore, luce dell’antichità ellenica”).
E ancora la piazza di Cardarelli (fascinosa e piena di mistero come i suoi versi), fino alla piazza o isola di Alfonso Gatto (che canta i ragazzi sui gradini della romana Piazza di Spagna), la piazza della nostalgia di Francesco Grisi (poeta del viaggio e del ritorno), del mare nelle piazze del potentino Michele Parrella, della piazza profumata di Cesare Pavese (che, trepidante, percepisce già il profumo dell’amata Constance), della piazza quasimodea, della piazza fiorita di Lalla Romano, e, finalmente, delle piazze lucane di Rocco Scotellaro (piazze, queste, trapunte dall’angoscia delle genti del Sud, mai disposte a sconfessare il loro incancellabile anelito “contadino”) e di Leonardo Sinisgalli (la piazza dell’infanzia lontana ma ancora palpitante nella struggente malinconia della evocazione).
I versi in piazza, dunque, o i versi della piazza.
E’ presente tutta l’umanità variegata e fragorosa nella piazza di Bruni e di Cavallo. E’ questa una piazza mediterranea: in essa il lettore è ospite atteso e gradito. La piazza è infatti la piazza del mondo.
La poesia italiana novecentesca è rivisitata attraverso la piazza. Questo studio appassionato non disdegna l’esemplarità di compagni di viaggio, quali Omero e Virgilio, che, come gli autori di oggi, sono fortemente legati alla cultura mediterranea. La postfazione è un’indagine filosofico – antropologica di Gerardo Picardo.
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