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domenica 27 febbraio 2011

“LA BICICLETTA DI MIO PADRE” l'ultimo romanzo di Pierfranco BRUNI

PRESENTATO, IN UNA CONFERENZA STAMPA, IN ANTEPRIMA NAZIONALE, A ROMA IL NUOVO ROMANZO DI PIERFRANCO BRUNI
Il romanzo di una vita nella vita che si fa romanzo “La bicicletta di mio padre”  Il destino tra il narrare e l’alchimia della memoria e del sogno. 
“E’ un libro tra le pagine della vita che si racconta come foglie in un giardino con un  paesaggio di stagioni e di colori tra le età e i destini che sempre si incrociano e vivono anche oltre”. Con queste parole Pierfranco Bruni ha sintetizzato ai giornalisti, in una conferenza stampa, svoltasi a Roma, Corso Vittorio Emanuele , 217,  “La bicicletta di mio padre”  in distribuzione in questi giorni.
“Ci sono città e luoghi immaginari e reali, ha aggiunto Pierfranco Bruni,  ma soprattutto la fantasia e il mistero sono i protagonisti che vivono tra le pagine di questo mio nuovo libro che forse chiude un ciclo o forse apre un nuovo vento tra i giorni che vivo”.
LA BICICLETTA DI MIO PADRE” di Pierfranco Bruni, nelle librerie in questi giorni, è il romanzo di una vita. O forse è il romanzo che si fa vita. Edito dalla Casa editrice Pellegrini in una veste elegante con sopra coperta nera, vive lungo le vie di una recita in cui tutto è possibile. Si incontrano luoghi, nomi, amori e amore, follia, morte e tragico sentire. Ci si pone in ascolto. Un romanzo che ha  la dolcezza del tremore, la sensualità dei corpi  che si stringono e si amano ma conoscono l’abbandono e il distacco, il gioco incantevole della provvidenza e la capacità di confrontarsi con la provvisorietà. Il padre è la voce nel silenzio del camminamento. La bicicletta è il tempo finito e l’immagine di uno specchio che tutto riflette.
Si vive tra i dettagli e in un incantesimo che non bisogna mai capirlo ma raccoglierlo tra le pieghe del vissuto nel vivere. Il deserto o il mare. Il personaggio – io narrante si pone tra le rughe di questi fogli che non sono ingialliti. E la risposta è sempre una ruga in più. Pierfranco Bruni con questo romanzo conferma di essere  un maestro della parola e un fantasista dei destini dei personaggi che compaiono e smarriti ritorno a far festa sotto la tenda e intorno ai falò.
Bruni quasi in conclusione al romanzo scrive in una breve annotazione: "Ho veramente combattuto la mia buona battaglia? Devo spiegare le vele. Potrei essere uno sciamano? Tutto si confonde? Tutto si intreccia. Ma oltre il deserto c'è sempre il mare. Ho soltanto segnato le rughe che nascondono le mie giovinezze. Potrò mai dimenticare i paesi e le donne della mia vita? Le donne? O gli amori? Gli amori che non ho nascosto e la passione che mi recita il vero infinito amore? È rimasta appesa ad una parete della mia grande casa di paese la bicicletta nera di mio padre. Resto un lanciatore di sogni e di alchimie".
Un romanzo tra le pieghe dei sogni e del vento del tempo nel quale si racconta la vita di un intellettuale che non smette di metaforizzare la vita vissuta attraverso i segni che si leggono nella magia dei giorni. Sembra un diario. Forse lo è tra le pagine di mezzo. Ma c’è una storia che sembra lacerarsi non dal rimpianto, non c’è mai rimpianto, ma dalla memoria nella quale convivono sia i ricordi che la nostalgia.
Pierfranco Bruni ci offre un romanzo vissuto sulla scacchiera di un linguaggio elegante il cui senso dell’estetica è un entrare e penetrare il tessuto della poesia. La bicicletta potrebbe essere soltanto un pretesto o ancora una metafora del tempo che è sempre un viaggiare. Ma proprio grazie alla bicicletta si riprende il cammino sotto l’onda di una profonda spiritualità sia cristiana che  sufica con un interloquire con la misteriosa visione sciamanica del  tempo. San Paolo stesso sembra un maestro nello stile sciamanico e il paesaggio è quello delle lune e del mare. Dunque, un intellettuale che ha capito che non occorre cercare e neppure cercarsi ma aspettare e il vero luogo dell’essere resta  la pazienza legata all’attesa.
C’è attesa perché l’amore è l’armoniosa conquista dell’attesa nella pazienza senza il bisogno di cercare. Questo intellettuale che non crede alla ragione prende  tra le mani il seno del mistero che diventa sfuggevole perché è indefinibile ma giungono i suoni della vita e di un amore che sembra fuggire ma resta dentro l’anima e nella sensualità che scava nello sguardo. Un romanzo molto forte e straordinariamente intriso di una pacata alchimia. Bruni gioca con l’alchimia dialogando con  il passare delle sensazioni. Dopo “Paese del vento”, “Quando fioriscono i rovi”, “L’ultima primavera” e “Il mare e la conchiglia” questo romanzo sembra chiudere un ciclo. Cinque romanzi in cui la storia è assente perché la ragione non è nella parola e nell’onirico vivere in quanto nell’io narrante si formano i personaggi.
Come in “La bicicletta di mio padre”. I personaggi si intrecciano con l’io narrante e il linguaggio è un fiume che recita il mistero. L’autore si rivolge spesso al “caro lettore” per renderlo personaggio e per portarlo sulk teatro di una recita mai fittizia ma metaforica tra il tempo e il sogno in una dimensione che ha la sua alchimia tra gli archetipi e i labirinti. Ma tutto sembra avere senso o non senso. Il romanzo è sempre un viaggio incompiuto come la vita che si la cera nel tempo. Bruni è dentro questo mosaico i cui tasselli sono corde di musica bell’infinito e nell’indefinibile. Un romanzo importante di uno scrittore tra le sponde degli orizzonti che hanno tramonti ma anche le albe e le aurore. Si è detto più volte che questo romanzo è il romanzo di una vita. Con questo romanzo Pierfranco Bruni riconcilia la scrittura al fascino di un narrare senza storie ma con grandi immagini che si definiscono nel segno di una provvidenza che è speranza e religioso oblio tra le parole e la memoria che continua a vivere tra le pagine di un viaggiatore che si è fermato per ascoltare una partita tra le ombre, le nebbie e le lune oltre la luce.


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