A metà degli anni ‘90 qualche firma dello stesso giornale infamava l’equipaggio del motopeschereccio affondato da un sommergibile della Nato il 4 novembre 1994. L’accusa campata in aria era disarmante: l’equipaggio trasportava esplosivi. Ora, il direttore responsabile Giuseppe De Tomaso e il direttore editoriale Carlo Bollino vanno oltre e sbattono i resti umani di quei lavoratori del mare in fondo all’Adriatico addirittura sul telefonino. A pagina 5 infatti si legge: “La diretta. Il video del relitto sul fondo del mare. Guarda sul telefonino il drammatico video girato a 243 metri di profondità che mostra il relitto del peschereccio Francesco Padre”. Insomma, cucinano una vergognosa operazione commerciale. Il “pezzo” di Nicolò Carnimeo (17 febbraio 2010, prima parte) spaccia addirittura le immagini Rov (robot con telecamera subacquea) come recenti: in realtà sono state girate nel 1996. Esseri umani assassinati per ragioni di Stati dell’Alleanza atlantica, uccisi una seconda volta dalla testata barese e da alcuni avvocati ingordi a caccia di notorietà a buon mercato.
Dopo 15 anni di assordante silenzio viene pubblicato un libro d’inchiesta che svela le dinamiche di quella strage. Risultato? Si sveglia dal letargo la Procura della Repubblica di Trani, lo stesso procuratore capo Capristo che la scorsa estate aveva imposto alla figlia del comandante Giovanni Pansini di produrre un certificato storico di famiglia per visionare i faldoni giudiziari. In Puglia, o meglio in Italia, nessuno aveva mai realizzato uno straccio di inchiesta per tentare di capire cos’era accaduto alla barca molfettese. Adesso i pennivendoli nostrani si azzuffano all’ultimo sangue per vendere più copie. Calpestano i vivi e i morti, in barba non solo alla deontologia professionale ma alla pietas. E’ lo specchio dei tempi: affari e mistificazioni in una girandola vorticosa pur di instascare soldoni sonanti e successo facile.
Il temerario Carnimeo ha pure scopiazzato il noto testo qua e là, pardon estrapolato. Bravo: complimenti. Dottor Capristo è lei che ha messo sul mercato il video o in ogni caso ha autorizzato la messa in onda? Vorrei saperlo prima di avvertire, eventualmente, il Consiglio superiore della magistratura e aprire un’autentica indagine giornalistica sul suo disincantato operato.
Per dirla con Einstein:
“Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare”.
Questa frase la riporto immediatamente sulla testata di questo blog
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