Saggio sulla Giustizia attraverso il racconto di un caso esemplare, avvenuto in un piccolo centro del sud della Puglia, Calimera. Una storia tra politica e persecuzione giudiziaria di tre pubblici amministratori, raccontata da uno dei protagonisti. Non è un fatto locale, come si potrebbe pensare, poiché la vicenda è talmente emblematica e unica che diventa un caso universale nel panorama della “malagiustizia” italiana. Non era mai successo, infatti, che tre pubblici amministratori venissero arrestati per una semplice lettera di dimissioni dal consiglio comunale presentata da uno di loro, con un accanimento persecutorio da parte di un giudice che entra a gamba tesa in una vicenda squisitamente politica.
Ma il “colpo di scena”, se così si può dire, sta nel fatto che proprio quel giudice che si era tanto accanito all’epoca contro i tre amministratori, un giudice noto in Puglia per essere stato prima procuratore aggiunto a Lecce, poi procuratore capo a Taranto e, infine, di nuovo procuratore capo al Tribunale dei minorenni di Lecce, Aldo Petrucci, è passato di recente agli onori della cronaca, pugliese e nazionale, perché imputato di corruzione e peculato in un’inchiesta sulle “toghe sporche” a Taranto (poi è stato prosciolto dall’accusa di corruzione ma rinviato a giudizio per peculato).
Indipendentemente, comunque, dalle conclusioni della vicenda giudiziaria, è la fase istruttoria dell’inchiesta che ha riguardato Petrucci che ha fatto scattare la voglia di raccontare la sua esperienza ad Ancora, mettendo in parallelo proprio la diversità di trattamento avuta dai diversi imputati nelle fasi istruttorie delle due inchieste: da una parte, tre onesti amministratori (sono stati infatti poi tutti assolti) che vengono arrestati per una semplice lettera di dimissioni e, dall’altra, un magistrato che, per reati molto più gravi, come corruzione e peculato, non viene privato della libertà.
Al di là di quello che potrebbe sembrare una sorta di curioso contrappasso dantesco, comunque, la vicenda dei tre amministratori è emblematica per come certa giustizia può accanirsi sui semplici cittadini impotenti a difendersi e come invece il corso della giustizia possa essere frenato o aggirato facilmente dagli uomini di potere. Il dibattito sulla giustizia è aperto ed è, anzi, oggi al centro della vita pubblica italiana: la vicenda raccontata da Ancora ne è a pieno titolo uno dei tasselli di cui bisogna discutere.
Alfredo ANCORA è nato a Zollino nel 1953. Dal 1976 vive a Calimera con la suaa famiglia. Si è laureato in Scienze Politiche all’Università di Bari discutendo una tesi sul rapporto di lavoro giornalistico. Sin da quando si è stabilito a Calimera, ha iniziato un’intensa attività pubblicistica. E’ stato infatti direttore del giornale “Il ponte”, poi de “La civetta”, ho collaborato con “Calimera città futura” e con la “Kinita”, tutti giornali editi a Calimera.
Assunto dal “Quotidiano di Lecce” nel 1979, è diventato giornalista pubblicista nel 1982 e professionista nel 1999. E’ stato membro del Comitato di redazione del “Quotidiano”. Negli anni ’90 ha assunto la direzione di Radio Salentina. Nel 2003 ha iniziato la sua collaborazione con la rivista dell’Università di Lecce, “Unile”, durata due anni, quanto la rivista. Sempre nel 2003 ha iniziato la collaborazione con il “Corriere del Mezzogiorno”, protrattasi per alcuni anni, e con il settimanale “Città Magazine” diretto allora dal collega Mino De Masi. Attualmente collabora con il “Nuovo Quotidiano di Puglia”. Nella sua attività giornalistica si è sempre interessato soprattutto di politica, di politica-amministrativa e di giustizia amministrativa. E’ stato consigliere comunale di Calimera dal 1985 al 1996, prima eletto come indipendente nelle liste del Pci, poi in quelle del Pds. Durante questa esperienza politica è accaduta la vicenda raccontata nel libro “Un processo per caso”.
Cara Lilli il caso di malagiustizia esposto molto opportunamente da te non è l'unico,purtroppo.Anch'io ho subito una analoga persecuzione giudiziaria, sotto il patronato del medesimo procuratore capo a Taranto nel 2002, e dopo ben 8 anni,il processo di 1° grado non è mai iniziato.Ti sembra questa giustizia?C'è voglia di insabbiare tutto per non far emergere il marciume vero
RispondiEliminaAlmeno il caso di Lecce si è risolto con una sentenza di assoluzione,a me non danno la possibilità di difendermi.