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giovedì 29 marzo 2012

Una poesia e un maestro di altri tempi

Il maestro, Ennio Radicchio, era  vestito con eleganza, sempre in giacca e cravatta, doppio petto: si immedesimava anche formalmente nella sua importante e delicata funzione didattica. A quei bambini di quella 3^ sez.A, con i loro colletti bianchi inamidati  e i grembiuli neri, piaceva memorizzare le poesie, specialmente se erano in rima.. E poi, in quel periodo, era di moda far apprendere le poesie a memoria, fedeli al vecchio adagio  “ memoria minuitur, nisi eam exerceas” (la memoria, se non viene esercitata, diminuisce).

E un giorno quel  maestro, mai troppo compianto e sempre ricordato con affetto e gratitudine, per la sua aria cortese e umana, per la sua bonomia e la sua chiarezza,  chiama l’appello: Annese… Basile… Caliandro… D’Errico… Carlucci… Poi, nel mezzo della mattinata,  quando le dita delle mani si sono già sporcate di inchiostro, legge, spiega  ed assegna,  da imparare a memoria, una poesia  il cui titolo è “Valentino”. L’ha scritta nientepopodimeno che  Giovanni Pascoli, un nome grosso, un nome importante, uno di quelli che ti annoia studiarli… ma che  devi studiare per forza. A Scuola, sembra strano, si studiava... una volta!E la poesia, man mano che viene letta e spiegata, va giù che è una meraviglia e quei bambini si sentono attratti e si commuovono nel leggere quei versi, nel declamarli, nell’immaginare quel povero bimbo di nome Valentino. Il maestro dice loro, anche, che Valentino è  veramente esistito, non è fantasia del poeta, è un ragazzo toscano che è  emigrato in Argentina… Si possono dimenticare queste cose?
Oh! Valentino vestito di nuovo,
come le brocche dei biancospini!
Solo, ai piedini provati dal rovo
porti la pelle de’ tuoi piedini;
porti le scarpe che mamma ti fece,
che non mutasti mai da quel dì,
che non costarono un picciolo: in vece
costa il vestito che ti cucì.
Costa; ché mamma già tutto ci spese
quel tintinnante salvadanaio:
ora esso è vuoto; e cantò più d’un mese
per riempirlo, tutto il pollaio.
Pensa, a gennaio, che il fuoco del ciocco
non ti bastava, tremavi, ahimè!,
e le galline cantavano, Un cocco!
ecco ecco un cocco un cocco per te!
Poi, le galline chiocciarono, e venne
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l’uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch’oltre il beccare, il cantare, l’amare,
ci sia qualch’altra felicità
Quanti anni ha Valentino?
La poesia non lo dice e la mente dei fanciulli è  una fucina di fantasia e di immaginazione!
Alcuni lo  immaginano  come un ragazzino di circa sei o sette anni, cioè come loro. Chi lo  vede biondo, chi  con i capelli dritti e la frangetta sugli occhi, chi  magro per  stenti. Cercano di immaginare come possa essere quel vestito nuovo che la mamma ha cucito per lui, a prezzo di grandi sacrifici. Questo è un po’ difficile, quei piccoli scolari non sanno come si vestiva ai tempi di Valentino e anche perché,  per alcuni di loro, ci sono dei problemi proprio per… i vestiti. Per quanto si sforzano, riescono a vedergli addosso solo pantaloni simili a quelli che portano loro, che però non sono nuovi, magari con qualche toppa, in genere ereditati da qualche altro parente ma portati sempre con fierezza e dignità. Chiudendo gli occhi, vedono benissimo, però, i piedini scalzi. Come si fa d’estate, al mare, o anche in casa, quando tanto fa caldo. Ma Valentino ha i piedi scalzi d’inverno. Chissà che freddo, poverino. E quella povera sua mamma che non è riuscita a comprargli le scarpe, ma gli ha lasciato quelle che gli ha regalato alla nascita:quelle fatte della sola pelle. E se Valentino avesse i geloni? Un brivido!
Valentino è fortunato. Ha delle galline che gli regalano l’ovetto, che si spremono a più non posso per fare tante uova, che poi la mamma  va a vendere e così riempie il salvadanaio. Solo che, accidenti, i soldini non sono bastati nemmeno a comprargli anche  le scarpe.
Anche quei scolari hanno problemi di scarpe e chi non ne ha, in quei sognanti anni 50…Valentino si consuma la pelle, invece.
Dio, come  dispiace ad essi! Mentre si affannano a ricordare i versi, quell’immagine di sofferenza  entra nei loro  occhi per uscirne come lacrima veloce.
  Non resta che sperare nella primavera. E infatti arriva marzo, e Valentino indossa il  suo vestito nuovo fattogli dalla mamma, ma è sempre senza scarpe. Come un uccellino… imparano a memoria. Ha le penne, ma non le scarpe. Però l’uccellino vola, ha le ali, se sente freddo ai piedi può farsi un giretto volando e così tira su le zampe e le tiene al caldo sotto la pancia. Con tutta la buona volontà, quegli alunni  non credono che Valentino possa volare per scaldarsi i piedi.
Gli ultimi versi della poesia sono misteriosi per i piccoli alunni.:ma nell’età del sogno e della fantasia è vietato l’ingresso  alla razionalità filosofica!
Quale altra felicità c’è al mondo oltre al beccare  cantare e saltare? Forse l’avere un paio di scarpe? È possibile. Ma certo, dev’essere così!!! Per Valentino sarebbe stata una felicità avere un paio di scarpe qualsiasi, oltre che una necessità. Forse per l’uccello venuto dal mare un po’ meno, magari a lui occorreva un paio di pinne, ma insomma, i piccoli dal grembiule nero non potevano giurare che la bestiolina non avrebbe gradito anch’essa una calzatura sulle zampe.
Intanto,per quegli scolari dell'Italia post bellica,nel profondo sud,  forse e/o certamente, sarà l’unica di quelle liriche  che quel buon  maestro  ha fatto loro imparare che ricorderanno sempre alla perfezione. E la ricorderanno perché quella semplice poesia (in apparenza semplice, perché è una sintesi mirabile del decadentismo letterario) e’ lo specchio della loro fanciullezza, l’età felice, l’età dell’oro, l’età disincantata che hanno ormai  perso tutti irrimediabilmente!
Poi, ogni 14 febbraio, mentre il mondo consumistico festeggia il patrono degli innamorati, qualcuno di quella 3^ A, qualche nostalgico e/o qualcuno piuù sensibile, o qualcuno che ormai ha poco da fare,  inevitabilmente ripenserà al suo piccolo amico Valentino: lo rivedrà col suo bel vestitino nuovo ma scalzo, come l’uccellino che viene dal mare, e rivedrà quella classe, quei grembiulini neri ,quei colletti inamidati, quelle dita sporche di inchiostro, quei volti, attenti alla lezione del loro maestro! I versi del Pascoli si riaffacceranno, ad ogni febbraio, usciranno da depositi polverosi dell’infanzia e della memoria e torneranno alla mente e alla bocca, che anche in silenzio tornerà a recitarli.

E mentre staranno a rinverdire questi versi, quei bambini, oramai vecchi, che hanno perso  la loro fanciullezza, capiranno finalmente  quale è “l’altra felicità” di cui parlava il Pascoli ma, purtroppo, si renderanno conto di averla compresa troppo tardi. 
E allora, come  un rosario vespertino di pietosa memoria, come il rintocco lento di una campana, il maestro Ennio Radicchio, rifarà il suo  ingresso in quella classe attenta e silenziosa e riprenderà a scandire i nomi  dell’appello mattutino: Chianura…Enriquez…Francescone… Marra…





3 commenti:

  1. Elio, sei stato capace di farmi ricordare il profumo di quei giorni, il fruscio delle pagine del sussidiario, l'angosciante e onnipresente macchia d'inchiostro, il banco semplice ma funzionale e capace di dare schiena dritta a chiunque, l'ordine e l'omogenea pulizia che regnava nelle file. Grazie per avere avuto, oggi, il coraggio e l'orgoglio di presentare quanto ci è stato donato come insegnamento di vita e di vivere civile, prima ancora che semplice apprendimento nozionistico. Eppoi quegli alunni, benché provenienti da differenti estrazioni, sapevano convintamente di essere tutti uguali e non si accorgevano del diverso... semplicemente perchè non avevano bisogno di accorgersene, i loro occhi avevano altro a cui mirare.

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  2. Viaggiare nei ricordi altrui è sempre come intraprendere un viaggio nella fantasia. Il confronto con l'attuale è inevitabile: l'onnipresente macchia di inchiostro, purtroppo, non è sinonimo di ordine anzi... spesso quella macchia di inchiostro viene causata volutamente; le schiene dritte, anche se in banchi pur sempre funzionali, vengono sostituite da atteggiamenti di strafottenza e di sfida; l'uguaglianza è solo un vecchio ricordo: ognuno sfoggia quello che ha e lo fa con orgoglio senza pensare che qualcuno, magari seduto lì vicino, ha grosse difficoltà ad andare a scuola vestito in modo decente. E il diverso? spesso viene messo in disparte! La scuola di una volta, insomma, è solo un lontano ricordo e anche gli insegnanti, ormai, sono visti con occhi diversi. Io mi chiedo: sarà colpa della società e del benessere? Comunque grazie per questo breve viaggio nel mondo della scuola di un tempo!

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  3. Molto ben scritto questo articolo sù Valentino. Ho sempre trovato che questa pesia non era fatta per noi bambini di 6 o 7 anni. Sembra fatta a posta per non poter essere memorizzata (Aparte le prime linee. Per i bambini ci vuole ritmo; una metrica che aituti a memorizzare ed evitare la confusione. Il maestro puó certo spiegare ma é molto meglio se i bambini possono capere da soli. Il parlare fanciullesco dell'autore mi sembra ridicolo e "dépassé" in quanto al soggetto sembra fatto per commuovere i chierichetti e piacere ai preti. Dopo più di cento anni, sarebbe ora che l'Italia cambi.
    Blisco Yaio

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