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martedì 13 marzo 2012

La Sicilia araba

La conquista araba della Sicilia inizia ufficialmente nell'anno 827.
Prima c'erano state numerose incursioni, fin dal lontano 652, e reiterati tentativi di conquistare la Sicilia, tutte fallite. La spedizione definitiva venne effettuata quando il ribelle bizantino Eufemio, li chiamò in aiuto.
Alla guida della spedizione c'era un giurista settantenne,non un soldato, Asab ibn al-Furàt:il suo piede calpesto’ per primo la nuova terra!
La spedizione araba lasciò il porto di Susa il 14 giugno dell'anno 827 e dopo aver effettuato una sosta nell'isola dei conigli (Lampedusa) per rifornirsi di viveri ed uomini, sbarcò a capo Granitola presso Mazara tre giorni dopo, il 17 giugno. Le truppe di Asad, per la difficoltà dei luoghi e per lo scarso nutrimento soffrirono quanto e come gli assediati.
La loro fu una conquista dura, Palermo la ebbero nell'831, perché stremata da una pestilenza, Messina nell'843, aiutati da truppe napoletane, Enna, da loro chiamata Kasr Jànna (da cui Castrogiovanni) fu presa nell'859, dopo un assedio tanto lungo che consentì agli arabi di coniar moneta. Le ultime a cedere furono Siracusa, nell'878, Catania, nel 900, Taormina nel 902 ed infine completarono l'occupazione con la caduta di Rometta nel Messinese. Correva l'anno 965.
In Sicilia non ci fu un regno unitario arabo ma tante piccole signorie rette da "Kadì". Il comportamento degli arabi fu improntato alla tolleranza. Non perseguitarono i cristiani ma si accontentarono di far pagare loro una tassa la "gézia" consentendo la libertà di culto. Pochi infatti furono i tentativi di ribellione e vani furono i tentativi di riconquista da parte di Bisanzio, ricordiamo solo quello di Giorgio Maniace (dal 1038 al 1042) perché fra le sue truppe militavano anche, in qualità di mercenari, i Normanni che a breve, sarebbero riusciti a scalzare i musulmani dall'isola ed ad affermarvi la loro signoria.
Gli Arabi divisero l'isola in tre grandi distretti amministrativi: il Val di Mazara che comprendeva la parte centro-occidentale, il Val Demone che comprendeva la parte settentrionale-orientale e il Val di Noto, per la parte meridionale. Dapprima la Sicilia fu sede di Emirato dipendente dalla dinastia tunisina degli Aghlabiti che la governarono con i loro emissari, poi divenne indipendente con una propria dinastia quella dei Fatimi. La popolazione era distinta in indipendente, che conservava i vecchi ordinamenti, tributaria, che pagava la gezia, vassalla o "dsimmi" che viveva soggetta ed infine i servi della gleba o "memluk".
Durante i 200 anni della loro dominazione, gli Arabi portarono nell'isola la cultura, la poesia, le arti, le scienze orientali e abbellirono il loro regno con monumenti stupendi. Durante la loro permanenza gli Arabi diedero un notevolissimo apporto all'economia ed alla civiltà Siciliana: introdussero le colture del riso e degli agrumi, realizzarono opere di canalizzazione che consentirono l'uso razionale delle risorse idriche (cosa che oggi i nostri amministratori hanno "dimenticato").
Ma quanto ci manca d'architettura è fortemente rimpiazzato nella storia linguistica della Sicilia. Numerosissimi toponimi: Caltanissetta, Caltagirone, Caltavuturo, ecc, derivano il loro nome da "Kalat", castello; Marsala, Marzameni, da "Marsha", porto; Gibellina, Gibilmanna, Gibilrossa, da "gebel", monte; Racalmuto, Regalbuto, da "rahal", casale e così via. E poi abbiamo anche termini commerciali come: funnacu (fondaco), tariffa, sensale; termini agricoli come fastuca (pistacchio), zagara (i fiori dell'arancio o del limone), zibibbu (una varietà di uva), giggiulena (sesamo); vocaboli come "calia" (ceci abbrustoliti) "giurana" (rana), "zotta" (frusta); o cognomi come Badalà o Vadalà (servo di Allah) Fragalà (gioia di Allah) ecc.
Nella cucina, dal cuscus alla cassata, alle arancine. Tutta la nostra cucina ha una forte impronta araba che si riconosce nell'uso delle spezie, dello zucchero e dei profumi. Inoltre, antichi riti di magia, credenze popolari, come le "truvature"; scongiuri e pratiche di fattura che derivano direttamente dal fondo dell'anima araba della Sicilia, come giustamente annota l'etnologo Giuseppe Pitré. Per strano che possa sembrare sedici secoli di ellenismo sono stati quasi annientati dall'arabismo che in soli due secoli è riuscito a lasciare una forte impronta che né Normanni, né Svevi, né Spagnoli o Francesi e per ultimo i piemontesi sono riusciti a cancellare. Questo può significare una cosa sola: la dominazione araba non fu mero dominio ma integrazione con i popoli autoctoni e dovrebbe essere da esempio, a tanti secoli di distanza.

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